Sono d'accordo. Sfortunatamente accade questo: la politicizzazione della scuola e ahimé, anche l'autonomia scolastica, hanno portato a una cattiva gestione delle risorse finanziare nel nostro paese per quanto riguarda i singoli istituti. Stiamo parlando di una scuola azienda per cui, un istituuto se non boccia e mette voti alti a tutti acquista utenze, si fa una buona pubblicità e non rischia di perdere classi o chiudere. Così facendo ottiene fondi per i progetti, ottiene alunni e così via...il tutto ruota sempre attorno al dio denaro. In certe regioni d'Italia la disoccupazione e la povertà la fanno da padrone e il tutto incentiva una simile politica. Le recenti prove Invalsi lo hanno dimostrato: hanno dimostrato la 'cattiva valutazione' che avviene in alcune regioni i cui voti sembrano gonfiati, e in altre in cui si mantiene un certo rigore e obiettività. Io non voglio parlare male di questi territori in cui vige spesso il non bocciare a tutti i costi e il rigonfiamento dei voti, anche perché io stesso faccio parte di quelle regioni e spesso per la mia formazione deontologica e professionale (estranea a questo tipo di politica) mi sono trovato 'spaesato' dovendo stranamente far la parte di quello che va in controtendenza. Ma purtroppo è un circolo vizioso, dettato dalla povertà dei fondi, dalla disoccupazione, dalle famiglie e sopratutto dall'incentivazione di una simile politica: la scuola sta diventando sempre più un 'affare privato', non pubblico. Il rigore che trovo in certe scuole per quanto riguarda i voti, non è più quello dei nostri tempi. Non si forma al sacrificio, alla durezza, alla continuità nello studio. Se non ci fossero determinate divisioni politiche ed economiche, e se ci fossero meno scuole-aziende, meno mercificazione della cultura e una maggiore coscienza pubblica la scuola sarebbe unita come lo dovrebbe essere, oltre che sulla carta, la nostra Italia.